Il 15 novembre 2011 la Commissione europea aveva lanciato una consultazione pubblica (“Libro Verde”) sul diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini di Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri dell’Unione europea, invitandoa partecipare tutti i possibili interessati entro il 1 Marzo 2012.

Sulla base dell’esito di tale consultazione, la Commissione deciderà se intraprendere eventuali passi e in quale direzione. Fra le opzioni possibili, ad esempio: una proposta di modifica della Direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare; l’emanazione di linee-guida per facilitarne un’interpretazione omogenea; preservare lo status quo.


Per quanto riguarda nello specifico il ricongiungimento dei beneficiari di protezione internazionale, la Commissione nel Libro Verde si era concentrata (punto 4) su due aspetti:


  1. l’esclusione dei beneficiari di protezione sussidiaria dall’ambito di applicazione della Direttiva e
  2. una serie di possibilità per gli Stati membri di prevedere eccezioni al regime più favorevole per il ricongiungimento familiare dei rifugiati.
Si veda su questo il nostro precedente post qui.

Recentemente, due fra i più importanti attori nel campo della protezione internazionale – UNHCR ed ECRE – hanno pubblicato le loro risposte al Libro Verde.
Si tratta di due contributi di grande importanza e ne consigliamo ovviamente la lettura. 
Qui segnaliamo solo gli aspetti a nostro avviso più importanti delle due risposte.

Entrambe toccano, già nelle rispettive introduzioni, alcuni passaggi fondamentali. In particolare:
  • la famiglia e il diritto al rispetto per la vita familiare sono protetti da numerosi strumenti di diritto internazionale o regionale (dalla, non vincolante, Dichiarazione Universale sui diritti dell’uomo, alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo, fino alla Carta UE dei diritti fondamentali);
  • la Direttiva 2003/86/CE riconosce la particolare condizione dei rifugiati, prevedendo per loro alcune regole più favorevoli rispetto agli altri immigrati;
  • ciò nonostante, nella maggioranza degli Stati membri, una serie di ostacoli procedurali di fatto rendono oltremodo complicato per i rifugiati riunire la propria famiglia.

L’UNHCR (Bureau for Europe) individua nove aree ove le prassi attuali creano ostacoli al ricongiungimento familiare, almeno in alcuni Stati membri:
  1. l’applicazione di norme più favorevoli: la Direttiva permette (art. 3 comma 5) l’applicazione di norme più favorevoli. Alcuni Stati applicano, ad esempio, la Direttiva ai beneficiari di protezione sussidiaria, benché essi ne sarebbero esclusi (art. 3 comma 2 lett.c); ancora, benché la Direttiva contenga (art. 12 comma 1) la possibilità per gli Stati di richiedere che i rifugiati soddisfino le medesime condizioni (di reddito, alloggio, assicurazione sanitaria) rispetto alla generalità dei migranti qualora non facciano domanda di ricongiungimento entro 3 mesi dal riconoscimento dello status, pochi Stati in realtà utilizzano questa possibilità. L’UNHCR, pertanto, invita tutti gli Stati sia ad applicare la Direttiva ai beneficiari di protezione sussidiaria alle medesime condizioni previste per i rifugiati, sia a non fare ricorso alla possibilità prevista dall’art. 12 comma 1;
  2. la definizione dei familiari: l’UNHCR invita gli Stati ad adottare criteri più ampi, che non comprendano solo la famiglia nucleare, e consiglia l’adozione di linee-guida che definiscano il concetto di “dipendenza” in questo contesto;
  3. il tempo necessario per rintracciare i familiari può mal conciliarsi con la previsione di limiti di tempo per procedere al ricongiungimento;
  4. le informazioni fornite dagli Stati sul ricongiungimento (soprattutto sulle condizioni più favorevoli per i rifugiati);
  5. l’accesso al ricongiungimento: nella maggior parte degli Stati membri, le richieste devono essere presentate dal familiare, presso l’ambasciata dello Stato membro nel suo Paese di origine o residenza. Ciò rappresenta ovviamente un problema, se non un rischio, per via della condizione particolare in cui spesso i familiari dei rifugiati si trovano (talvolta anch’essi rifugiati in un altro Paese);
  6. la prova del legame familiare: benché la Direttiva espressamente preveda che “
    [i]l rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall’assenza di documenti probatori” (art. 11 comma 2), nella pratica, in alcuni Stati membri, i documenti ufficiali sono indispensabili e ciò costringe i rifugiati a tornare in zone pericolose al fine di procurarseli. L’UNHCR chiede dunque alla Commissione e agli Stati di adoperarsi per assicurare il rispetto della previsione di cui all’art. 11 comma 2. Anche in questo campo, l’UNHCR suggerisce l’emanazione di linee-guida. 
    Il test del DNA è accettabile, secondo l’UNHCR, a patto che vi si faccia ricorso solo quando, dopo aver esperito tutti gli altri mezzi di prova, permangano seri dubbi circa il legame familiare;
  7. visti e documenti di viaggio: l’ottenimento di un visto può essere un grande ostacolo, a causa della difficoltà per i familiari dei rifugiati a raggiungere le ambasciate degli Stati membri nei rispettivi Paesi di origine. Allo stesso modo, l’ottenimento di un documento di viaggio dello Stato di origine può essere oltremodo difficile o pericoloso, soprattutto nei casi in cui lo Stato sia l’agente persecutore verso il rifugiato. L’UNHCR, pertanto, invita gli Stati membri a fornire un lasciapassare ai familiari dei beneficiari di protezione internazionale che non possono ottenere documenti di viaggio dal loro Paese di origine e a rendere più semplice il rilascio dei visti;
  8. i costi legati al ricongiungimento familiare andrebbero eliminati o ridotti dagli Stati e si dovrebbe far ricorso a un sostegno economico per coprirli, ad esempio attraverso il futuro Fondo europeo per l’Immigrazione e l’Asilo;
  9. integrazione: l’UNHCR raccomanda che i familiari abbiano accesso agli stessi diritti del soggiornante e in maniera autonoma dalla condizione di questi.
L’UNHCR ritiene dunque che la Direttiva in vigore contenga sufficienti strumenti che gli Stati possono utilizzare per assicurare il diritto alla vita familiare e al ricongiungimento familiare per i rifugiati. Ciò che serve è un cambio di approccioda parte di alcuni Stati, volto ad applicare le clausole più positive della Direttiva. L’UNHCR suggerisce quindi l’adozione di linee-guida su alcuni punti specifici, una migliore cooperazione fra Stati Membri e l’utilizzo di fondi europei e nazionali per facilitare i ricongiungimenti.


Più nettamente ancora, ECRE si dice contrario a una proposta della Commissione di modifica della Direttiva, perché essa rischierebbe, considerato il clima attuale, di abbassare gli standard, anziché alzarli. ECRE suggerisce pertanto alla Commissione di monitorare l’applicazione delle vigenti regole e di avviare eventuali procedure di infrazionecontro gli Stati in caso di recepimento o applicazione delle regole della Direttiva che siano incompleti o scorretti. Anche ECRE suggerisce poi l’adozione di linee-guida per migliorare l’uniformità di applicazione delle regole sul ricongiungimento familiare nell’UE e ricorda che gli Stati devono applicare le norme della Direttiva nel rispetto dei diritti fondamentali, appellandosi ad essi affinché utilizzino la possibilità di fare ricorso a previsioni più favorevoli e si astengano invece dall’adottare le politiche più restrittive che la Direttiva permette.

Secondo ECRE, le principali aree di preoccupazione sono:
  • l’esclusione dei beneficiari di protezione sussidiaria dall’ambito di applicazione della Direttiva: benché molti Stati garantiscano loro il diritto al ricongiungimento familiare, ciò non signifca che essi beneficino anche delle condizioni più favorevoli di cui godono invece i rifugiati; ECRE ritiene che non vi sia una giustificazione oggettiva alla base di questo diverso trattamento e pertanto dovrebbero esser previste, per i beneficiari di protezione sussidiaria, le stesse eccezioni al possesso dei requisiti di alloggio, reddito e assicurazione sanitaria previste per i rifugiati. Ciò sarebbe in linea anche con il generale allineamento dei due status contenuto nella nuova Direttiva Qualifiche, recentemente adottata;
  • la definizione ristretta dei familiari;
  • la possibilità per gli Stati di prevedere un’età minima per il ricongiungimento del coniuge (art. 4 comma 5): a parere di ECRE ciò rischia di rappresentare un’interferenza ingiustificata con il diritto alla vita familiare previsto dall’art. 8 CEDU;
  • la possibilità per gli Stati di sottoporre il ricongiungimento familiare dei rifugiati alle condizioni previste per la generalità degli immigrati, se la richiesta non viene avanzata entro tre mesi dal riconoscimento dello status ovvero se il ricongiungimento familiare è possibile in un altro Paese con cui il rifugiato o il suo familiare hanno legami particolari (art. 12)
  • l’integrazione dei familiari: ECRE, in particolare, chiede alla Commissione di chiarire la differenza fra “misure” di integrazione e “condizioni” di integrazione, considerata la tendenza in atto in alcuni Stati di intendere le “misure” di integrazione come pre-requisito da soddisfare prima di poter esercitare il diritto al ricongiungimento familiare;
  • i costi;
  • test del DNA: ECRE ritiene che dovrebbe essere usato solo nel caso in cui i dubbi sono così grandi che il ricongiungimento sarebbe negato, ovvero se sono gli interessati a farne richiesta.