Il 16 maggio la Commissione ha pubblicato una Comunicazione intitolata “Relazione biennale sul funzionamento dell’area Schengen 1 Novembre 2011 – 30 Aprile 2012”.
Si tratta di un “check up” sullo stato di salute della cooperazione Schengen, che la Commissione si era impegnata a presentare in occasione di una sua precedente Comunicazione del 16 settembre 2011 (Governance Schengen – Rafforzare lo spazio senza controlli alle frontiere interne“).

La Comunicazione del 16 maggio è finalizzata a rafforzare l’indirizzo politico e la cooperazione fra i Paesi partecipanti a Schengen e in particolare vorrebbe costituire – come si legge nell’Introduzione – la base per un “dibattito regolare nel Parlamento europeo e nel Consiglio“.

Un importante allegato (il numero II) alla Comunicazione contiene poi delle “Linee Guida per assicurare un’applicazione e interpretazione coerente delle regole (l’acquis) di Schengen“, che si concentrano in particolare
  1. sul rilascio di permessi di soggiorno temporaneo e titoli di viaggio a cittadini stranieri e
  2. sulle misure di polizia nelle zone di confine interno.


La relazione della Commissione si inserisce in un quadro più ampio, che comprende diverse recenti proposte legislative, attualmente in fase di negoziato, che incideranno sul futuro dell’area Schengen. 
In questa sede, ci limitiamo a segnalare:
  • una proposta di modifica del Regolamento 539/2001 che adotta l’elenco dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei Paesi terzi i cui cittadini sono esentati da tale obbligo (V. nostro precedente post qui);
  • un “pacchetto per la governance di Schengen, presentato il 16 settembre 2011, assieme alla citata Comunicazione dello stesso giorno, e che comprende:
1) una proposta di modifica del Regolamento 562/2006 (Codice delle Frontiere Schengen)al fine di introdurre norme comuni sulla ripristino temporaneo dei controlli allefrontiere internein circostanze eccezionali;
2) una proposta di Regolamento che stabilisce un meccanismo di valutazione e monitoraggioper verificare l’applicazione delle regole di Schengen.


Al fine di meglio comprendere il “clima” che accompagna le proposte di modifica delle regole dello spazio Schengen, è poi fondamentale ricordare gli importanti fatti degli ultimi mesi che hanno messo alla prova, da un lato, la politica di liberalizzazione dei visti e, dall’altro, il concetto stesso di uno spazio privo di controlli alle frontiere interne, ovvero – per dirla con le parole della Commissaria agli Affari Interni Cecilia Malström – “uno dei risultati più preziosi dell’integrazione europea“.

Ci stiamo ovviamente riferendo, da un lato, alla crescita dei soggiorni irregolari e delle domande di asilo poi giudicate infondateda parte di cittadini dei Paesi che recentemente sono stati esentati dall’obbligo di essere in possesso di un visto per entrare nell’area Schengen (Macedonia, Serbia, Montenegro nel dicembre 2009, Albania e Bosnia-Erzegovina nel dicembre 2010) e, dall’altro, alla polemica tra Francia e Italia a seguito dell’arrivo di cittadini tunisinisulle coste italiane nei primi mesi del 2011 e del successivo rilascio agli stessi, da parte delle autorità italiane, di un permesso di soggiorno e di un titolo di viaggio che li autorizzava a circolare nell’area Schengen.
Ciò che ne è seguito è noto (si veda qui per una puntuale ricostruzione): molte persone, per via dei legami culturali o familiari con la Francia, si sono dirette verso quel Paese, le cui autorità hanno reagito con controlli alla frontiera interna e respingimenti verso l’Italia di numerosi migranti tunisini.
Infine, in una lettera congiunta rivolta alla Commissione, gli allora Presidente della Repubblica francese e Presidente del Consiglio italiano chiedevano in sostanza più “flessibilità” nella gestione delle frontiere interne e, in particolare, la possibilità per gli Stati di ripristinare temporaneamente i controlli in determinate circostanze.

In questo quadro, in cui peraltro si inseriscono e si intrecciano paure, crisi economica e spinte nazionaliste e xenofobe, la Commissione ha deciso di presentare, lo scorso settembre, il citato “pacchetto” per rafforzare lo spazio Schengen.

Tutto sta nel capire cosa si intende per “rafforzare”.

Rafforzare l’assenza di controlli alle frontiere interne, cioè “uno dei risultati più importanti dell’integrazione europea”?
Oppure, come pare, rafforzare la possibilità di limitare questo risultato, aumentando i casi in cui è possibile ripristinare i controlli alle frontiere interne?
E chi, nel caso, dovrebbe avere questo potere? Ciascuno Stato per i suoi confini interni? O la Commissione europea?

In un prossimo messaggio cercheremo di entrare più nel dettaglio di quanto sta accadendo attorno allo spazio senza controlli alle frontiere interne, riprendendo le precedenti proposte della Commissione.

Oggi ci limitiamo a sottolineare alcuni punti toccati dalla Commissione nella sua più recente Comunicazione del 16 maggio: “Relazione biennale sul funzionamento dell’area Schengen 1 Novembre 2011 – 30 Aprile 2012”.

La Relazione descrive la situazione sia alle frontiere esternedell’area Schengen, sia alle frontiere interne.
Quanto alle prime, vi si dice che la “pressione” è concentrata su un numero limitato di punti e, in particolare, sulla rotta del Mediterraneo dell’est, dove si registra il più alto numero di “attraversamenti irregolari del confine”, soprattutto da parte di cittadini afghani e pakistani. Si rimanda poi a Frontexe ai suoi numerosi rapporti per avere un quadro più dettagliato.

Non possiamo che essere delusidalla descrizione a dir poco concisa e superficiale che la Commissione fa della situazione ai confini esterni dello spazio Schengen, adagiandosi sull’approccio tipico dei rapporti di Frontex, in cui viene dato per scontato che tutti i migranti che entrino (o tentino di entrare) nello spazio Schengen siano “irregolari”, escludendo di fatto la possibilità – tutt’altro che remota, considerato anche le nazionalità prevalenti fra gli intercettati – che parte di essi siano rifugiati(in quanto soddisfano tutte le condizioni richieste dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra) o persone che comunque necessitano di una protezione.
Con il rischio di sacrificare il rispetto del divieto assoluto di refoulement (respingimento) sull’altare della protezione dei confini esternida quelli che Frontex, nei suoi rapporti, chiama genericamente i “rischi”, accomunando le richieste di protezione e il contrabbando di droga.

La Commissione passa poi a descriverela situazione all’interno dell’area Schengen
La Relazione ricorda innanzitutto che i cittadini di Stati terzi che siano in possesso di un permesso di soggiorno o di un visto nazionale di lunga durata sono autorizzati a muoversi all’interno dell’area Schengen per un periodo massimo di tre mesi (ogni sei), ad eccezione dei richiedenti asilo.
Quindi, sempre facendo riferimento ai rapporti di Frontex, la Commissione sottolinea come la maggior parte delle persone che risiedono irregolarmente nell’area Schengen, vi hanno fatto ingresso regolarmente, con un visto, e si sono poi fermate oltre il periodo autorizzato. Molte di queste persone non sono rimaste nel Paese di ingresso, ma si sono spostate in un altro.
Benché lo stesso rapporto annuale di Frontex parli di un numero decrescente di cittadini di Paesi terzi fermati irregolarmente nell’area Schengen nel 2011 (circa 351.000, ovvero il 9% in meno rispetto al 2010), la Commissione si mostra preoccupata dalla mancanza di statistiche precise sui “movimenti secondari”all’interno dello spazio Schengen di persone prive del diritto a soggiornarvi e promette di ragionare sulla necessità di misure finalizzate a fornire più dati a riguardo.

La Commissione passa quindi ad elencare casi di possibile infrazione alle regole di Schengen, come ad esempio:
  • il piano olandese di installare videocamere di sorveglianza ai confini interni con Germania e Belgio. La Commissione ha già richiesto spiegazioni al governo olandese circa la necessità e proporzionalità della misura;
  • numerosi (circa dieci) casi in cui la Commissione ha chiesto spiegazioni a diversi Stati Membri sui controlli di polizia condotti nei pressi delle frontiere interne. Ricordiamo che, anche sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, tali controlli non possono avere “effetto equivalente” a controlli di frontiera;
  • tre procedure di infrazione già avviate dalla Commissione contro altrettanti Paesi dello spazio Schengen (Islanda, Polonia e Lituania) per non aver ancora recepito nei rispettivi ordinamenti interni la Direttiva 2008/115/CE (c.d. Direttiva Rimpatri);
  • il caso della Grecia, che la Commissione continuerà a monitorare per assicurare a quel Paese supporto, ma anche pretenderne il rispetto degli obblighi.


L’accesso allo spazio Schengen da parte di Romania e Bulgaria

Come noto, benché membri dell’UE, questi due Paesi non beneficiano ancora dell’assenza di controlli alle frontiere interne in quanto gli Stati membri non sono ancora riusciti a prendere una decisione a riguardo. Il 2 marzo 2012, il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio dell’UE a tornare sull’argomento e adottare una decisione nel Consiglio Giustizia e Affari Interni di settembre.



Il SIS (Sistema di Informazione Schengen) permette alle autorità degli Stati membri di ottenere informazioni relative a persone od oggetti nei cui confronti sia stata emessa una “allerta”. È un sistema utilizzabile per la cooperazione di polizia o giudiziaria, così come in materia di controlli sulle persone, tanto alle frontiere esterne quanto sul territorio degli Stati membri, o ancora in occasione del rilascio di visti o di permessi di soggiorno. 
La Relazione, a riguardo, lamenta soprattutto la lentezza “inaccettabile”con cui a volte sono fornite le risposte alle richieste di informazioni sulle persone.
Il VIS (Sistema di Informazione Visti) è un database finalizzato allo scambio di informazioni sui visti di corta durata (visti Schengen), compresi i dati (inclusi quelli biometrici) dei richiedenti. Il Sistema si è avviato, dopo alcuni ritardi, nell’ottobre scorso, limitatamente alle ambasciate e consolati degli Stati membri nei Paesi della regione nordafricana (Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto). 
Vedi nostro precedente post qui.
Proprio in questi giorni dovrebbe poi avviarsi la seconda fase del VIS, che collegherà al database anche le autorità consolari nella regione mediorientale(Israele, Giordania, Libano e Siria).
Interessante: la Relazione della Commissione fornisce i primi dati del VIS, che avrebbe processato più di 775.000 richieste di visto, delle quali circa 611.000 si sarebbero concluse positivamente e appena meno di 100.000 con un rifiuto.


Politica dei visti e accordi di riammissione

Fra 2009 e 2010, i cittadini di Macedonia, Serbia, Montenegro, Albania e Bosnia-Erzegovina sono stati esentati dall’obbligo di essere in possesso di un visto per entrare nell’area Schengen. Tuttavia, numerose critiche si sono levate contro questa decisione, a seguito del lamentato (da parte di alcuni Stati) ingresso nello spazio Schengen di un elevato numero di cittadini di quei Paesi, che si sono poi fermati oltre il tempo loro consentito (3 mesi) e, in certi casi, hanno presentato domande di asilo poi giudicate quasi sempre infondate.
La Commissione, in risposta a tali critiche, ha avviato un sistema di monitoraggio della liberalizzazione dei visti per i Paesi dei Balcani occidentali e ha presentato, nel Dicembre 2011, il suo secondo rapporto in materia. Il raporto, sostanzialmente, confermava le preoccupazioni di alcuni Stati (in particolare Belgio, Germania, Lussemburgo e Svezia), sottolineando però anche come il trend – soprattutto per quanto riguarda la presentazione di domande di asilo – fosse in calo, in particolare per quanto riguarda i primi Paesi “esentati” (Macedonia, Serbia, Montenegro).
Nella Relazione, la Commissione sottolinea la necessità di continuare a monitorare il fenomeno.

Quanto infine agli accordi di riammissione con i Paesi terzi, la Commissione ricorda come si tratti di una “parte centrale della cooperazione dell’Unione europea con i paesi terzi“.
Alcuni aggiornamenti forniti dalla Relazione: nel novembre si sono conclusi i negoziati per un accordo di riammissione con Capo Verde e la ratifica dell’accordo dovrebbe avvenire a breve.
Decisamente più importante: i negoziati “tecnici” con la Turchiasi sono conclusi e si attende ora la firma dell’accordo di riammissione, assieme all’avvio del dialogo sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini di quel Paese.
Altri negoziati si sono appena avviati con Armenia e Azerbaijan.


Nei prossimi giorni ci occuperemo delle Linee Guida contenute nella Comunicazione del 16 maggio e cercheremo di riprendere le proposte della Commissione (dello scorso settembre) relative alla Governance Schengen per capire cosa sta succedendo allo spazio senza controlli alle frontiere interne.