Ospitiamo oggi con piacere sul nostro blog due interessanti interviste realizzate da Francesco Brusa e Ruben Pulido a Dinu Lipcanu, Program Coordinator dell’UNHCR in Moldavia, e a Paknehad Ahmad Djavid, Direttore di The Charity Center for Refugees (CCR), una ONG moldava che lavora con richiedenti asilo e rifugiati.
Le interviste originali sono state pubblicate (in inglese) sul blog Independent Journalism Center – EVS Blog. Ringraziamo gli autori per la condivisione.


Dinu Lipcanu, Program Coordinator, Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Moldavia



Sede dell’UNHCR a Chisinau



Ci può fornire una visione di insieme sul sistema d’asilo e sul ruolo dell’UNHCR in Moldavia?

L’UNHCR è presente sul territorio della Moldavia (che è tra i firmatari della Convenzione di Ginevra del 1951) dal 1997 e per 4 anni si è occupato delle procedure d’asilo in autonomia. Successivamente, nel 2001, il governo moldavo ha istituito la propria autorità responsabile sul tema, vale a dire il ‘Bureau of Migration and Asylum‘ che, fra alcuni cambiamenti e riorganizzazioni interne, è operativo ancora oggi. Al momento, il Bureau si occupa del sistema d’asilo, della procedura di determinazione dello status di rifugiato e delle attività di supporto per i rifugiati presenti sul suolo nazionale. Tuttavia, dal momento che il governo moldavo non dispone di ampie risorse finanziarie, l’UNHCR garantisce lo sviluppo e la gestione di diverse attività complementari, mirate a fornire assistenza sociale, legale e culturale ai rifugiati. A questo proposito, l’UNHCR collabora inoltre con tre organizzazioni non governative.
Il sistema d’asilo moldavo prevede due forme di protezione: lo status di rifugiato e la protezione umanitaria (che è la forma di protezione maggiormente concessa). L’unica differenza consiste nel periodo di validità della protezione (5 anni per quanto riguarda lo status di rifugiato e 1 per la protezione umanitaria), mentre i diritti garantiti sono gli stessi. Inoltre, è opportuno ricordare che in Moldavia un rifugiato ha esattamente uguali diritti che un cittadino, fatta eccezione per il diritto di voto. 

Quali sono, nello specifico, le attività svolte dalle ONG con cui collaborate?

Ognuna delle tre ONG con cui collaboriamo si occupa di uno specifico campo di azione. Innanzitutto, viene concessa assistenza legale gratuita per i richiedenti asilo, dipendentemente dal caso e dalla sua complessità, nonché rappresentanza legale presso il tribunale. Inoltre, viene svolta attività legale anche alle frontiere nazionali: periodicamente, alcuni esperti si recano ai punti di controllo per verificare che venga garantito l’accesso ai richiedenti asilo e per collaborare direttamente con le autorità di frontiera. Dal punto di vista sociale, invece, ci si preoccupa principalmente dell’accesso all’educazione dei rifugiati, tramite la fornitura di materiali scolastici, e dell’accesso all’assistenza medica; in Moldavia, quest’ultima è gratuita solo per i primi due giorni di un’emergenza, altrimenti è necessario pagare un’assicurazione (o direttamente da parte del paziente o spesso da parte del datore di lavoro). È chiaro dunque che, se un rifugiato necessita di cure mediche al momento del suo arrivo, è di fatto impossibile per lui coprire le spese assicurative cui cerchiamo di far fronte. Infine, un altro aspetto è quello relativo all’integrazione e alla conoscenza di tradizioni e costumi moldavi, sui quali organizziamo workshop e eventi, in modo che i rifugiati acquisiscano maggiori informazioni sul paese in cui stanno vivendo. 

I richiedenti asilo ricevono un’assistenza finanziaria diretta?

Esiste una distribuzione mensile di denaro, che avviene sulla base della decisione presa da un comitato multifunzionale, composto da UNHCR, Bureau of Migration and Asylum e le tre organizzazioni non governative. Il comitato ha il compito di decidere sulle richieste per l’assistenza finanziaria, secondo ciò che ritiene più opportuno. Nel caso in cui la richiesta venga accettata, il richiedente asilo riceve 80 dollari per un periodo massimo di sei mesi, che è tra l’altro il periodo di tempo massimo affinché la procedura per la richiesta d’asilo venga completata. Ciò significa che entro 6 mesi dal proprio arrivo, il richiedente asilo avrà un risposta certa sull’accoglimento o meno della sua richiesta e, quindi, in caso di risposta positiva potrà cercare un lavoro.  Se così è, di solito interrompiamo l’assistenza finanziaria (salvo per alcuni casi).

C’è un’alta probabilità di trovare lavoro in Moldavia, per un rifugiato?

Difficile dire che sia facile, come in quasi tutte le realtà est-europee; di sicuro non è facile trovare un lavoro con una remunerazione alta. Detto questo, penso che nella maggioranza dei casi sia possibile, anche se è pur vero che non sempre i lavori soddisfano le aspettative dei rifugiati. Inoltre, bisogna far notare che molto spesso i rifugiati accettano occupazioni irregolari, dal momento che consentono di avere salari più elevati. Si tratta di un fenomeno generalmente diffuso che, come UNHCR, possiamo combattere limitandoci alla sola promozione del lavoro regolare, non potendo influenzare in alcun altro modo le scelte personali dei richiedenti asilo; fuoriuscirebbe dai nostri compiti. Ciò di cui invece ci occupiamo sono i cosiddetti programmi di ‘auto-fiducia’: diamo supporto a chi intende aprire una piccola attività, aiutandolo a pianificare il progetto e fornendogli un piccolo prestito nella fase iniziale. Attualmente, esistono a Chisinau alcune piccole imprese gestite con successo dai rifugiati (specialmente nel settore dei servizi e della ristorazione). Inoltre, stiamo sviluppando in collaborazione con la municipalità un progetto pilota in merito al problema abitativo: abbiamo ristrutturato un paio di vecchi edifici in cui i rifugiati possono vivere senza spese, in modo da risparmiare una somma che gli permetta di acquistare un appartamento proprio. Va detto comunque che non tutti i rifugiati hanno un lavoro e tanti magari si impegnano poco nella ricerca. Tuttavia, se qualcuno ha delle idee valide ed è disposto a lavorarci duramente, mi sento di affermare senza dubbio che ha la possibilità di ottenere un’occupazione redditizia qua in Moldavia. 

Quanti rifugiati sono presenti sul suolo moldavo e quali sono i paesi di provenienza più comuni?

Attualmente ci sono circa 340 rifugiati e 150 richiedenti asilo. Una delle regioni più comuni di provenienza è costituita dall’Afghanistan e dalle ex-repubbliche sovietiche. Più recentemente, abbiamo assistito a un aumento di persone provenienti dalla Siria che rappresentano circa il 40% del totale. Infine, una tendenza simile si verifica con l’Ucraina, dal momento in cui è iniziato il conflitto. In questo caso, molti vengono in Moldavia per motivi di comunanza linguistica e vicinanza geografica, nonostante occorra ricordare che esistono parecchi IDP (internally displaced people) sullo stesso suolo ucraino.

Pensa che la maggior parte dei richiedenti asilo intenda fermarsi in Moldavia o, piuttosto, consideri il paese più come una zona di passaggio?

La maggior parte vive attualmente in Moldavia. Come già detto, alcuni fattori aiutano una veloce integrazioni, quali la lingua e la vicinanza culturale. Pertanto, risulta abbastanza facile per loro studiare, lavorare o costruire una famiglia. Dal nostro punto di vista, ci sembra che la Moldavia sia un Paese che garantisce buone condizioni per i rifugiati: la sua società è tollerante ed è possibile guadagnare abbastanza per una vita dignitosa. Non abbiamo mai ricevuto segnalazioni di casi di molestie o episodi di xenofobia. Anche nel contesto più rurale dei villaggi l’integrazione è facilmente raggiungibile: molti rifugiati che vivono in tali contesti interagiscono senza problemi con la comunità locale. 

Siete presenti anche nella regione della Transnistria?

Non abbiamo sedi in Transnistria, in quanto si tratta di una situazione delicata in cui occorre operare con attenzione. Il nostro accordo è valido esclusivamente nei confronti del governo moldavo, il quale non ha alcuna autorità nella regione: non potremmo avere alcuna garanzia riguardante la nostra sicurezza e quella delle persone che collaborano con noi. Ciononostante, teniamo sotto controllo la situazione dei rifugiati che vivono nella zona della Transnistria e offriamo loro assistenza a distanza . Per qualsiasi altra questione burocratica o amministrativa le persone vengono all’ufficio centrale di Chisinau, altrimenti non potremmo essere di alcun aiuto.        

Paknehad Ahmad Djavid, direttore e coordinatore del progetto 
The Charity for Refugees (CCR)*

*The Charity Centre for Refugees è un’organizzazione non governativa, apartitica e laica creata in Moldavia nell’ottobre del 1999 con il supporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati(UNHCR). 

Ci potresti fornire una breve descrizione delle attività che svolgete con l’associazione?

Organizziamo diverse attività formative per i rifugiati e i richiedenti asilo: corsi di lingua rumena in collaborazione con l’Università statale “Ion Creanga”, a cui attualmente partecipano più di 40 persone; corsi di informatica finalizzati a fornire, ad esempio, gli strumenti per cercare lavoro o un appartamento in cui vivere. Oltre ad aiutare i richiedenti asilo e rifugiati in questi primi passi per l’integrazione, organizziamo anche attività artistiche, come corsi di pittura, ceramica, artigianato, o attività sportive, che si svolgono in una piccola palestra a nostra disposizione. Infine, ci preoccupiamo che rifugiati e richiedenti asilo ricevano informazioni sulla società moldava e sui suoi costumi e tradizioni: proponiamo spesso lezioni di cucina, in cui ognuno di loro può far conoscere i piatti tipici del proprio paese di origine e imparare come cucinare il cibo moldavo; in più, due volte l’anno, offriamo brevi escursioni al di fuori di Chisinau, per visitare siti di interesse storico; infine, organizziamo anche discussioni e tavole rotonde, che vertono su argomenti differenti. 

Vi preoccupate anche di promuovere presso la società civile una maggiore consapevolezza sulla questione dei rifugiati?

Sì, grazie anche al supporto dei volontari che svolgono un anno di Servizio Volontario Europeo presso la nostra sede, organizziamo diversi eventi aperti alla comunità locale (Giornata della Donna, Giornata dell’Infanzia,  celebrazioni religiose musulmane e cristiane…). Cerchiamo di sforzarci al massimo affinchè tali eventi possano coinvolgere vari target della comunità di Chisinau, la cui partecipazione è fondamentale per integrare i rifugiati e i richiedenti asilo. Nonostante ci siano stati motivi di attrito, devo dire che la situazione in Moldavia è generalmente positiva. 

Lavorate prevalentemente nella capitale Chisinau?

La nostra sede è a Chisinau, ma parte delle persone che lavorano con noi si trova in altre regioni del Paese e ci rechiamo di volta in volta in diverse zone per svolgere le nostre attività. Ad esempio, ci spostiamo spesso in Transnistria (Tiraspol, Bender, Dubasari), anche se tale regione ha adottato dei suoi programmi e delle sue politiche indirizzate ai richiedenti asilo e rifugiati. Ad ogni modo, lavoriamo esclusivamente con persone i cui documenti sono stati rilasciati dal Bureau of Migration di Chisinau. Inoltre, la Moldavia fa parte di un programma regionale (Local Integration Project) assieme a Ucraina e Bielorussia, finanziato dall’UNHCR. Grazie a questo programma abbiamo ristrutturato due vecchi edifici in un paio di villaggi limitrofi a Chisinau (Mereni e Razani, 32 e 34 chilometri dalla capitale) che attualmente ospitano 8 famiglie di rifugiati (4 famiglie rispettivamente).Cerchiamo di essere presenti il più possibile con le nostre attività per aumentare il grado di tolleranza nei loro confronti (è molto importante a tal proposito che i figli dei rifugiati frequentino le scuole e gli asili nido dei villaggi). 

Come integrate persone di origini ed estrazioni così diverse fra loro?

Penso che sia un errore dividere le persone sulla base della loro provenienza o della loro identità culturale. Semplicemente, diamo accesso al nostro centro a persone che hanno bisogno di aiuto. La maggior parte dei rifugiati paga molti soldi con l’intenzione di raggiungere la Germania, la Svizzera e la Francia ma poi resta bloccata in Moldavia.  Molti pensano di trovarsi in una situazione facile, in cui non vi siano problemi a costruirsi una vita dignitosa. Al contrario, devono superare molti ostacoli ed è in questo che dobbiamo essere pronti ad offrire il nostro massimo aiuto. Ognuno ha una formazione diversa: ci sono ingegneri, dottori, uomini d’affari: il nostro compito è far sì che possano svolgere il lavoro per cui sono portati. Certamente, la barriera più grande rimane quella linguistica. Quindi per chi proviene da regioni in cui si parla il russo (come nel caso dei rifugiati ucraini), alcune situazioni, come la ricerca di lavoro, sono più facili da affrontare. Per altri, cerchiamo di trovare delle prime situazioni lavorative tramite le quali inizino ad imparare il moldavo oppure attività già gestite da connazionali in cui la lingua non rappresenta perciò un problema (è il caso, ad esempio,  dei ristoranti kebab per le persone di lingua araba).

Collaborate con altre associazioni?

Abbiamo diversi partner, sia locali che internazionali. Siamo in contatto con le ambasciate di diversi Paesi, con il Bureau of Migration di Chisinau, con la ONG ‘Avi Copii’ e con Clowns Without Borders.

Quali risultati pensate di aver raggiunto durante questi anni di attività?

Mi sento di dire che il processo di integrazione di rifugiati e richiedenti asilo nella società moldava è in continuo miglioramento e, nella maggior parte dei casi, si conclude con successo. Il nostro metodo a riguardo consiste nel non generalizzare bensì studiare ogni singolo caso per capire quali strategie vadano adottate. Cerchiamo di essere un punto di riferimento per i rifugiati in ogni passo verso l’integrazione: dalle procedure burocratiche da completare al loro arrivo, alle attività di supporto per l’apprendimento linguistico, dall’assistenza economica per cercare lavoro o aprire una piccola attività, alla fornitura di un alloggio. 


A cura di Francesco Brusa e Ruben Pulido – Independent Journalism Center – EVS Blog