A circa un anno di distanza dalla pubblicazione dell’ultimo rapporto sull’Italia (V. il nostro precedente post qui), il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ruolo nel frattempo assunto da Nils Muižnieks,ha pubblicato un nuovo rapporto sul nostro Paese, a seguito della sua visita dal 3 al 6 luglio 2012.
Il rapporto, che merita di essere letto interamente, contiene molti spunti interessanti ai nostri fini, in particolare nel capitolo III, intitolato “La protezione dei diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo“.

Il capitolo III è a sua volta diviso in quattro sotto-capitoli, dedicati rispettivamente a
  1. la possibilità di accedere alla procedura di asilo in Italia
  2. l’accoglienza dei migranti, inclusi i richiedenti asilo
  3. l’integrazione di rifugiati e altri beneficiari della protezione internazionale
  4. la detenzione amministrativa dei migranti
Ognuno di questi sotto-capitoli si chiude con alcune “Conclusioni e raccomandazioni”.

Prima di vedere i punti a nostro parere più interessanti, sottolineiamo subito che il rapporto, che pure contiene anche note di apprezzamento per il governo italiano, ci è parso molto duro. Il Commissario, infatti, ha scelto di utilizzare, in certi punti, un linguaggio che, per quanto concesso dai limiti della formalità istituzionale, non lascia spazi a dubbi o interpretazioni, come vedremo meglio sotto.

Anche la risposta del governo italiano, pubblicata assieme al rapporto, merita di essere letta, anche se – ahinoi – più che altro per la scarsità e la confusione delle risposte fornite alle questioni sollevate dal Commissario.


Vediamo dunque alcuni passaggi importanti dell’analisi del Commissario (il testo riportato fra virgolette è originale, mentre il neretto è nostro).

1) la possibilità di accedere alla procedura di asilo in Italia.
Il Commissario parte ovviamente dalla politica dei c.d. “respingimenti”, oggetto del suo precedente rapporto del 2011. Lo fa ricordando la ben nota sentenza Hirsi Jamaa e altri c. Italia in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per ben quattro violazioni della CEDU. In proposito, “il Commissario accoglie con favore le dichiarazioni da parte dei membri del governo italiano
[…] sull’intenzione dell’Italia di garantire il pieno rispetto della sentenza della Corte.” (par. 127 del rapporto).

Tuttavia, “[p]ur accogliendo con favore queste dichiarazioni sulla sospensione dei respingimenti delle persone intercettate in acque internazionali, il Commissario ha preso atto delle serie preoccupazioni legate al principio del non-refoulement, riguardanti paesi diversi dalla Libia. […] Vi sono anche numerose segnalazioni riguardanti le persone che arrivano in situazione irregolare nei porti italiani lungo la costa Adriatica, che verrebbero fatte rientrare in Grecia senza poter esperire le procedure volte a definire ufficialmente il loro status, nonché ad identificare eventuali esigenze di protezione”. (par. 130)

Egli pertanto “reitera, nel modo più fermo, l’appello rivolto alle autorità italiane affiché assicurino a tutti i migranti, anche a quelli intercettati, la possibilità di esperire la procedura di asilo, e affinché si applichino le adeguate tutele procedurali laddove si decida in favore dell’allontanamento. A tale riguardo, raccomanda di formare sistematicamente il personale competente, fra cui gli agenti di controllo delle frontiere, e di sensibilizzarlo circa la necessità di identificare il richiedente asilo e di consegnarlo alle autorità competenti, prima di eseguire eventuali ordini di allontanamento.” (par. 137)
“Riguardo ai rimpatri verso la Grecia, il Commissario richiama l’attenzione delle autorità italiane alle gravi lacune riscontrate nelle procedure di asilo di questo paese che, secondo la Corte, possono essere assimilate a una violazione dell’Articolo 3 della Convenzione, ed esorta le autorità italiane ad astenersi dall’eseguire rimpatri automatici verso la Grecia.” (par. 138)

Infine, il Commissario “fa appello alle autorità italiane affinché rivedano la decisione con la quale Lampedusa è proclamata “isola non sicura” per lo sbarco di migranti soccorsi in mare.” (par. 139)

2) l’accoglienza dei migranti, inclusi i richiedenti asilo.
Dopo aver sottolineato come, in questo campo, la situazione sia rimasta sostanzialmente invariata rispetto alla precedente visita del 2011, il Commissario passa ad analizzare la c.d. “emergenza nordafrica”.
Pur plaudendo “l’impegno notevole delle autorità centrali e regionali nel garantire l’ulteriore capacità recettiva necessaria per far fronte alle conseguenze dell’aumento sensibile dei flussi migratori” (par. 142), egli sottolinea come le preoccupazioni già sollevate nel 2011 “riguardo all’offerta della consulenza legale e di un’adeguata assistenza sanitaria e psicosociale nei centri di prima accoglienza, riguardo alle difficoltà legate all’identificazione tempestiva delle persone vulnerabili, nonché al mantenimento dell’unità familiare durante i trasferimenti [siano] ancora valide” (par. 143)

Inoltre, pur lodando “l’impegno delle autorità italiane finalizzato a migliorare la procedura d’esame adottata dalle Commissioni territoriali, nelle quali vi è una rappresentanza dell’ACNUR”, il Commissario rileva “che la scarsa perizia di alcuni membri delle stesse commissioni costituisce un problema.” (par. 144)

“[I]l problema delle condizioni di vita del richiedente asilo in Italia”, continua il Commissario, “è oggetto di particolare attenzione da parte degli altri stati membri dell’UE, in ragione del numero crescente d’istanze di impugnazione depositate da parte dei richiedenti asilo contro il provvedimento di trasferimento in Italia, come previsto dal Regolamento di Dublino. Il Commissario nota, inoltre, che una serie di sentenze pronunciate da alcuni tribunali amministrativi in Germania ha determinato la sospensione di tali trasferimenti, soprattutto per evitare il rischio che le persone in questione diventassero dei senzatetto e vivessero al di sotto dei requisiti minimi di sussistenza. […] Va anche ricordato che in due ricorsi contro l’Austria, la Corte ha deciso nei primi mesi del 2012 di applicare la misura cautelare prevista dalla Regola 39e ha richiesto al governo austriaco di sospendere il trasferimento in Italia dei ricorrenti fino a nuovo ordine.” (par. 148)

Pertanto, il Commissario “pone l’accento sull’importanza di riuscire a garantire ai richiedenti asilo delle condizioni d’accoglienza conformi con le norme nazionali ed internazionali” e ritiene “che la maggior parte dei suddetti problemi sia riconducibile alla natura frammentaria del sistema di accoglienza italiano, determinata dalle differenze tra le varie tipologie di centri, dalle lacune nell’attuazione e nel monitoraggio delle norme comuni, nonché dalle conseguenze del quadro emergenziale e della variabilità tra le regioni.” (par. 150).
L’Italia ha invece “bisogno di un sistema d’accoglienza integrato, in grado di rispondere a un fabbisogno variabile e di garantire la stessa qualità di protezione su tutto il territorio, e sottoposto a norme chiare e a un monitoraggio indipendente.” (par. 151)
La rete SPRAR infatti, “allo stato attuale è chiaramente non in grado di rispondere alle necessità effettive“, pur costituendo “un buon modello che potrebbe essere ampiamente esteso e posto al centro dell’auspicato sistema integrato” (par. 152)


3) l’integrazione di rifugiati e altri beneficiari della protezione internazionale.
Qui il Commissario sottolinea le “gravi lacune” nell’assistenza ai beneficiari di protezione, dopo il riconoscimento. Ciò in particolare per la “mancanza di un sistema affidabile finalizzato ad accompagnare i rifugiati e altri beneficiari della protezione internazionale durante il processo d’integrazione nella società italiana. Sebbene anche queste persone abbiano diritto a molteplici diritti sociali ed economici al pari dei cittadini italiani, in pratica vanno incontro a innumerevoli ostacoli che impediscono loro di essere autosufficienti.”. (par. 155)
Particolarmente duro, il passaggio immediatamente successivo, dove si dice che “l’assenza di una politica di governo in materia d’integrazione dei rifugiati alimenta il razzismo e la xenofobia” (par. 155).
In conclusione di questo sotto-capitolo, il Commissario afferma che “la quasi assenza di un quadro unitario delle politiche d’integrazione per i rifugiati e altri beneficiari della protezione internazionale, nonché l’effettivo abbandono di questo gruppo di persone altamente vulnerabili, [hanno] determinato un grave problema in materia di diritti umani in Italia.” (par. 165)
“Occorre procedere con urgenza a una revisione delle leggi e dei regolamenti che incidono sul processo d’integrazione, nonché degli ostacoli amministrativi di natura praticache contribuiscono in maniera determinante al problema. Il Commissario ritiene, inoltre, che siano necessari interventi positivi al fine di neutralizzare i considerevoli svantaggi, fra cui una diffusa discriminazione, affrontati dai rifugiati e dagli altri beneficiari della protezione internazionale nell’ambito del mercato del lavoro, per contenere il rischio di sfruttamento e di abuso.” (par. 166)

Il Commissario incoraggia infine le autorità italiane “a recepire, quanto prima, la Direttiva UE del 2011 che modifica la Direttiva sulla residenza di lungo periodo, che estende ai rifugiati e ad altri beneficiari della protezione internazionale la facoltà di acquisire lo status di residente di lungo periodo dopo cinque anni di residenza in uno stato membro, favorendo in tal modo la
libera circolazione all’interno dell’UE.” (par. 167).


La risposta del governo italiano

Come già lo scorso anno, anche questa volta il governo italiano sceglie di non rispondere a tutti i punti sollevati dal rapporto del Commissario. Peraltro, anche laddove si fornisce una risposta, questa appare evasiva, poco puntale e, soprattutto, poco suffragata da fatti concreti e dati.
In particolare, secondo il governo: 
– l’Italia ha attuato una strategia finalizzata a garantire il più alto livello possibile di autonomia ai beneficiari, necessaria alla loro integrazione nel territorio;
– nei CARA i soggetti vulnerabili sono identificati(ma non si dice come) e si adottano iniziative appropriate per supportarli (ma non si dice quali);
 i servizi di accoglienza ai valichi nei porti e aeroporti di Ancona, Bari, Brindisi, Roma, Varese e Venezia rispondono ai bisogni degli stranieri che entrano in Italia per chiedere asilo;
– in virtù dell’art. 27 del d. Lgs. 251/2007, i titolari di protezione internazionale hanno accesso a tutti i servizi e benefici, inclusi quelli economici, coperti dal sistema dei servizi sociali e sanitari.

Ci ha fatto comunque piacere leggere che l’obiettivo individuato dall’Italia è quello di unificare le diverse misure di accoglienza esistenti per arrivare a un singolo sistema di asilo nazionale.